Blog aperto- venerdì 11 novembre 2011-

Il cantastorie era colui che andava in giro a cantare “storie” per paesi e città, attività già nota dalla metà dell’800, egli di solito si fermava in una piazza, all’angolo di una strada, in un mercato, dove c’era tanta gente di passaggio e lì incominciava a cantare, a suonare, a esibire i suoi fogli e i suoi cartelloni e tutti si radunavano ad ascoltare e a guardare. Un po' come facciamo noi in rete, esibiamo i post e gira e rigira la voglia di raccontare viene fuori. Da piccola sognavo di fare la cantastorie,ero affascinata da questa figura e le loro storie che tanto bene raccontavano.
Blogspot ha realizato in parte questa mia fantasia di bambina, ma a quando vedo e leggo, la figura del cantastorie è solo cambiata, si è trasformata e qui in rete chi in un modo e chi in un altro, un po' tutti " cantiamo le nostre storie" Natale si accosta, con lui i ricordi e i volti amati ritornano e con loro un po' del nostro passato. Nell'attesa del Santo Natale ricorderemo e ci racconteremo. Questi racconti che ho radunato e messi insieme ve li dono con l'augurio di un Santo Natale! Perchè noi bloggers, siamo i moderni cantastorie.


venerdì 2 dicembre 2011

Il carbonaio e il signore

Il carbonaio e il signore-Edmondo De Amicis
7, lunedì

scritta nataliziaNon l'avrebbe mai detta Garrone, sicuramente, quella parola che disse ieri mattina Carlo Nobis a Betti. Carlo Nobis è superbo perché suo padre è un gran signore: un signore alto, con tutta la barba nera, molto serio, che viene quasi ogni giorno ad accompagnare il figliuolo. Ieri mattina Nobis si bisticciò con Betti, uno dei più piccoli, figliuolo d'un carbonaio, e non sapendo più che rispondergli, perché aveva torto, gli disse forte: - Tuo padre è uno straccione. - Betti arrossì fino ai capelli, e non disse nulla, ma gli vennero le lacrime agli occhi, e tornato a casa ripeté la parola a suo padre; ed ecco il carbonaio, un piccolo uomo tutto nero, che compare alla lezione del dopopranzo col ragazzo per mano, a fare le lagnanze al maestro. Mentre faceva le sue lagnanze al maestro, e tutti tacevano, il padre di Nobis, che levava il mantello al figliuolo, come al solito, sulla soglia dell'uscio, udendo pronunciare il suo nome, entrò, e domandò spiegazione.
- È quest'operaio, - rispose il maestro, - che è venuto a lagnarsi perché il suo figliuolo Carlo disse al suo ragazzo: Tuo padre è uno straccione.
Il padre di Nobis corrugò la fronte e arrossì leggermente. Poi domandò al figliuolo: - Hai detto quella parola?
Il figliuolo, - ritto in mezzo alla scuola, col capo basso, davanti al piccolo Betti, - non rispose.
Allora il padre lo prese per un braccio e lo spinse più avanti in faccia a Betti, che quasi si toccavano, e gli disse: - Domandagli scusa.
Il carbonaio volle interporsi, dicendo: - No, no. - Ma il signore non gli badò, e ripeté al figliuolo: - Domandagli scusa. Ripeti le mie parole. Io ti domando scusa della parola ingiuriosa, insensata, ignobile che dissi contro tuo padre, al quale il mio... si tiene onorato di stringere la mano.
Il carbonaio fece un gesto risoluto, come a dire: Non voglio. Il signore non gli diè retta, e il suo figliuolo disse lentamente, con un fil di voce, senza alzar gli occhi da terra: - Io ti domando scusa... della parola ingiuriosa... insensata... ignobile, che dissi contro tuo padre, al quale il mio... si tiene onorato di stringer la mano.
Allora il signore porse la mano al carbonaio, il quale gliela strinse con forza, e poi subito con una spinta gettò il suo ragazzo fra le braccia di Carlo Nobis.
- Mi faccia il favore di metterli vicini, - disse il signore al maestro. - Il maestro mise Betti nel banco di Nobis. Quando furono al posto, il padre di Nobis fece un saluto ed uscì.
Il carbonaio rimase qualche momento sopra pensiero, guardando i due ragazzi vicini; poi s'avvicinò al banco, e fissò Nobis, con espressione d'affetto e di rammarico, come se volesse dirgli qualcosa; ma non disse nulla; allungò la mano per fargli una carezza, ma neppure osò, e gli strisciò soltanto la fronte con le sue grosse dita. Poi s'avviò all'uscio, e voltatosi ancora una volta a guardarlo, sparì. - Ricordatevi bene di quel che avete visto, ragazzi, - disse il maestro, - questa è la più bella lezione dell'anno.

Il libro cuore mi fu regalato da un'amica di nome Anna
Avevo otto anni, fu il  primo libro che lessi e l'ho riletto tante volte, mi piaceva e poi avevo solo questo, più lo leggevo e più mi sentivo meglio. Amai tutti i personaggi di questo libro, amai  anche Nobis, l'antipatico.

Frequentavo la terza elementare e una mattina sentimmo bussare alla porta, all'avanti della suora entrò un signore,  ci alzammo in piedi per salutare.
Il signore con la mano ci fece segno di sederci, poi  si tolse il cappello e rivolgendosi alla suora chiese il permesso se poteva parlare con noi.
Ci guardò  serio e si presentò
Ragazzi,  sono il papà di Vincenzo, sono venuto per dirvi che Vincenzo non vuole più venire a scuola e piange sempre.
Racconta che voi lo prendete in giro,  perchè è grasso e- aggiunse-voi non potete capire siete piccoli  ma non è colpa sua
Mi promettete ragazzi di non prenderlo più in giro? Un coro di voci si alzò gridando Si  signore, lo promettiamo. Il signore ci sorrise e ci ringraziò, ringraziò la suora e passando accanto a Vincenzo l'accarezzò e andò via.

Si era svolto tutto in poco tempo, io non avevo detto ne si e ne no ero catturata da quello che i miei occhi stavano vedendo, guardavo il signore mentre andava via affascinata. Era elegantissimo indossava  un  cappotto nero e lungo, cappello, guanti ma chi era?  Il papà di Nobis?  La mia fantasia mi ha fatto non solo viaggiare sempre ma mi ha regalato un qualcosa che non so spiegare cos'è.
Dentro di me e come se ci fossero tante porte  e tutte aperte su  orizzonti diversi e    sono uno più bello dell'altro, grazie a loro la mia vita  interiore è stata ed è  meravigliosa!

Vincenzo, era il figlio del sindaco del mio paese e quel giorno fu la prima volta che conobbi il sindaco. Fino a quel momento la  parola sindaco per me non aveva ancora nessun significato.

Suonò la campanella dell'uscita, solito trambusto in'aula mentre ci mettevamo in fila  Vincenzo era rimasto seduto nel suo banchetto era così grosso che non entrava nei banchi normali, all'improvviso dietro di me sento  la voce di un ragazzo che passando davanti a Vincenzo,- sottovoce gli disse-chiattone.
Vincenzo non rispose e diventò rosso rosso. Non ho mai più dimenticato quel giorno.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...